Baroudi, 'nei conflitti le donne sanno mediare'
Fondatrice rete mediterranea di mediatrici: 'L'abbiamo provato'
(di Patrizio Nissirio) "Alla base di tutti i conflitti ci sono ragioni emotive, non motivi e considerazioni razionali, per cui le donne hanno un ruolo da giocare, perché i conflitti non sono mai iniziati dalle donne, ma dagli uomini per lo più. Vengono percepite come più neutrali, non minacciose, e perciò gli uomini possono mostrare più facilmente la loro vulnerabilità, si possono fidare delle donne. Lo abbiamo provato con movimenti molto radicali, che nonostante la loro radicalità delle ideologie, abbiamo stabilito un rapporto di fiducia". Lo dice all'ANSA Lea Baroudi, libanese da sempre impegnata nella difesa della tolleranza e dei diritti umani, fondatrice e direttrice di March, la rete mediterranea delle donne mediatrici. "Se si vogliono risolvere i conflitti - spiega Baroudi, che è intervenuta ai Med Dialogues a Roma - bisogna entrare in contatto con l'aspetto umano. Non dico che gli uomini non sappiano farlo, ma le donne, grazie alla loro natura che le porta a prendersi cura degli altri, funzionano meglio". Baroudi non parla in teoria, ma porta un esempio pratico particolarmente complesso. "Nel nord di Tripoli in Libano abbiamo mediato tra combattenti alawiti e sunniti, in guerra settaria, politica e ideologica per molto tempo. Ci siamo presentate come mediatrici, siamo riuscite a coinvolgere nel dialogo miliziani che avevano combattuto con l'Isis in Iraq o Siria, o in Afghanistan, mettendoli insieme, riconciliando due comunità che erano in guerra. Abbiamo stabilito un programma e un rapporto di fiducia, dicendo 'siamo qua perché ci importa'. Far capire alle persone che possono essere ascoltate, capite, non giudicate, al sicuro, che non devono rinunciare alla propria identità. Così tutte le barriere cadono e le connessioni nascono". Infine un commento sulla drammatica situazione del Libano. "Speriamo in un cessate il fuoco, ovviamente, ma per me la cosa più importante è quello che succederà dopo in Libano - dice -. Perché il problema è che il tessuto del libano si sta disintegrando, il problema è tra noi. Dalla guerra civile non c'è stato un processo di verità e riconciliazione, che è stato schiacciato e attraverso conflitti più recenti ha creato rabbia e sfiducia tra le diverse comunità. Questa guerra ha amplificato tutto ciò. Ma se non riusciamo a sederci insieme senza volerci guadagnare, ascoltando, non giudicando gli altri, capendo gli altri, condividendo l'idea che tutti vogliamo un Libano per tutti, dove la diversità è rispettata e celebrata, questo mi preoccuperà. E' la cosa più difficile".
P.Gomez--LGdM