Tumori, raddoppiati malati che rispondono a cure sperimentali
In studi fase 1. A Roma ricercatori dal mondo per nuove ricerche
In 20 anni è raddoppiato, dal 9,6% al 18%, il numero dei pazienti che rispondono alle terapie contro il cancro già negli studi di fase I, come dimostrato da uno studio del National Cancer Institute pubblicato su The Lancet. Queste sperimentazioni, un tempo limitate a fornire una prima valutazione della sicurezza e tollerabilità dei farmaci, hanno assunto sempre più un ruolo terapeutico consentendo anche la rapida approvazione e disponibilità di cure innovative proprio al termine del primo livello della ricerca clinica. E il numero degli studi di fase I in Italia è in netto aumento: nel 2022 sono stati 126, il 19% del totale (662), in crescita dell'8% in due anni. Di questi, gli studi di fase I contro i tumori sono stati circa 50, per superare i 100 nel 2023. E l' oncologia è l'area in cui si concentra il maggior numero di sperimentazioni, il 40%. Per fornire a giovani ricercatori provenienti da tutto il mondo gli strumenti per comprendere la metodologia delle sperimentazioni cliniche e implementare idee di ricerca, l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) organizza in collaborazione con l'American Society of Clinical Oncology (Asco) la seconda edizione del 'Clinical Research Course'. Aiom ha supportato economicamente, oltre che l'iscrizione al corso di tutti i partecipanti selezionati, anche le spese di viaggio per alcuni ricercatori provenienti in particolare da Paesi più disagiati. "Vogliamo rendere i giovani ricercatori protagonisti della progettazione di studi clinici - afferma il presidente Aiom Francesco Perrone -. L'insegnamento della metodologia stimola la capacità di svolgere la ricerca indipendente, che può maturare soprattutto nelle fasi tardive delle sperimentazioni, come quelle 'real world'". Purtroppo, rileva, "dal 2021 al 2022, nel nostro Paese gli studi clinici non sponsorizzati dall'industria farmaceutica sono diminuiti di circa il 7%. Mancano risorse e personale". In un ventennio "è però aumentato il valore terapeutico degli studi di fase I perché siamo in grado di definire il profilo molecolare e genetico dei tumori e vengono coinvolti pazienti in cui si presume che le nuove molecole possano essere efficaci - afferma Giuseppe Curigliano, membro del Direttivo nazionale Aiom -. Queste cure sono cioè caratterizzate da una sorta di carta d'identità, che consente di indirizzarle al paziente giusto".
U.Romero--LGdM